La coalizione di maggioranza, imperniata su due alleati principali, il Popolo delle Libertà e la Lega Nord (quest’ultimo apertamente eversivo), ma dominata da un uomo solo, ha il diritto di continuare a governare. L’Italia è ancora una Repubblica parlamentare e, come ha dimostrato la pronuncia di incostituzionalità della Consulta sul Lodo Alfano, la Costituzione nata dall’antifascismo rappresenta la diga insuperabile contro ogni deriva autoritaria e ogni piano di rinascita democratica.
Silvio Berlusconi pertanto, nonostante appaia un abominio politico intollerabile in ogni altra democrazia, può fare orecchie da mercante, accusare i giudici e perfino il presidente comunista e tirare innanzi. Ma per quanto spregiudicata sia la sua strategia, per la quale perfino un Lodo Alfano palesemente incostituzionale è servito a guadagnare tempo umiliando una volta di più la democrazia di un paese di 60 milioni di abitanti ai suoi fini, su almeno due sentenze (Mills e Lodo Mondadori) è già scritto il giudizio definitivo di colpevolezza: corruttore, corrotto.
Forse non è ancora caduta la goccia che farà traboccare il vaso della capacità di corrompere di Silvio Berlusconi per tenere in pugno il paese, ma è difficile non pensare che dal compleanno di Noemi in avanti si sia messo su di un piano inclinato (nazionale e internazionale) che lo rende ogni giorno più debole e più ricattabile, politicamente, economicamente, giudiziariamente. Non oggi, non domani, non dopodomani, ma il politico, l’imprenditore, l’uomo Silvio Berlusconi ha talmente tanti scheletri negli armadi dei propri palazzi e delle proprie ville che, per quanto blindato possa apparire in Parlamento il proprio governo, non potrà non cadere. La sentenza sul Lodo Alfano colpisce Berlusconi e lo trasforma oggettivamente in quella che negli Stati Uniti si chiamerebbe “anatra zoppa”. E’ un’anatra zoppa che potrebbe essere incalzata e abbattuta, domani o comunque presto, probabilmente da una congiura di palazzo.
L’opposizione infatti, quella che conta in Parlamento del Partito Democratico, continua a non battere colpi. Sembra che il proprio elettorato, colpito, sdegnato, offeso nei propri valori dalla vergogna berlusconiana, dal subire l’onta di vedere un paese distrutto nella propria convivenza civile dalla Lega Nord e nei propri valori etici dal Popolo della Libertà, non debba poter trovare una sponda in Parlamento. Solo la Costituzione, ma ben pochi oggi in Parlamento, rappresenta quel “senso dello Stato” nel quale mi permetto di credere che ancora gli elettori di centro-sinistra, quelli che si sono appena ieri indignati per lo scudo fiscale, in assenza di una classe politica dell’opposizione che ha per l’ennesima volta dimostrato di essere di quart’ordine, si riconoscono.
Allo stesso tempo gli altri, IdV, la cosiddetta sinistra radicale, sembrano chiedere oggi le dimissioni del grande corruttore in una pura logica di occupazione di consenso e spazio politico lasciato vuoto dal PD. Per quest’ultimo la centralità del Palazzo, la ritualità congressuale, la strategia per giungere ad un accordo con l’UDC, che appare loro l’unica praticabile per cultura e per numeri nelle prossime elezioni, regionali o politiche, è l’unico riferimento possibile al di là di quelle che sono le aspettative e i bisogni degli elettori.
Stiano attenti però i burocrati del politburo del PD a che il piano inclinato berlusconiano non porti via anche loro. Demonizzate in questi anni le piazze, i girotondi, i grillini, i dipietristi e quant’altro esprimesse il disagio delle persone dabbene dileggiate in nome di una presunta superiore strategia dell’appeasement al grande corruttore. Una strategia tutt’altro che superiore che, dalla bicamerale in avanti, in questi anni al paese non ha risparmiato nulla del peggio berlusconiano e leghista. Una strategia che farà sì che prima o poi saranno anche loro travolti da un popolo di precarizzati, cassintegrati, disoccupati, da una generazione di giovani senza futuro che domanderà loro conto di quale tela tessevano mentre la dignità del paese veniva vilipesa ogni giorno. Saranno accomunati così alla marmaglia dei Gasparri, Bocchino, Cicchitto, Capezzone, Bondi, Gelmini, Brunetta, Tremonti, Calderoli, Maroni in un “que se vayan todos” in stile argentino, accomunati nella sorte con il berlusconismo del quale hanno scelto di rappresentare non l’alternativa ma solo una faccia meno putrida.
Il pronunciamento sul Lodo Alfano lo ha dimostrato. Il paese non ha bisogno, anzi repelle e teme l’agonia del Partito Democratico proprio mentre Umberto Bossi e Silvio Berlusconi minacciano la nostra stessa convivenza civile per dimostrare “di che pasta sono fatti”. Il paese ha bisogno di un Partito dei diritti e dei doveri. Il paese ha bisogno di un Partito della Costituzione. Il programma è già stato scritto nel 1946.