L’Unità – L’insostenibile umiliazione della precarietà – Luigi Cancrini

Caro Professore,
ho 26 anni e sono disoccupato. Da due mesi. O due anni. Dipende dai punti di vista. Vorrei partire dall’inizio: dopo la maturità scientifica ho preferito il lavoro all’università, per vari motivi (economici e caratteriali innanzitutto). Premetto che la mia famiglia non mi ha mai precluso l’opportunità di studiare, ma un po’ la mia timidezza, un po’ una realtà economica che non potevo ignorare mi hanno concesso solo una fugace apparizione (6 mesi) alla facoltà di Lettere di Cassino. Dal Gennaio ’99 sono entrato nel mondo del lavoro: fornaio, operatore alimentare presso una cornetteria, nel 2001 operaio in fabbrica in condizioni quasi disumane dove ho resistito fino al novembre 2002 (unico periodo in cui ho ricevuto buste paga regolari), quando ho lavorato come benzinaio per un anno esatto, per poi intraprendere la carriera di imbianchino per un altro anno e poi trovare (finalmente!) un impiego presso un negozio di mangimi (regolare!). Dopo aver tinteggiato, spolverato e pulito tutto il negozio, nel giorno di Natale mi è stato riferito che non ero adatto a quel tipo di lavoro e quindi il contratto di 15 (!!!!!!!!!) giorni non poteva essere rinnovato. Tutte le esperienze elencate sono state estremamente sottopagate. Sì, sì, ho preso l’ECDL, il PET, prenderò il FIRST CERTIFICATE, sto studiando per prendere attestati per la lingua francese, ho fatto un corso di giornalismo e scrittura narrativa, breve, ma molto interessante. Ho sempre messo in discussione la mia coscienza e molte volte l’ ho presa a schiaffi, ma ora mi sento davvero umiliato. Fortunatamente ho sempre trovato nei libri, nella musica e nella scrittura un focolare dove poter continuare a sognare, nonostante tutte le delusioni prese (e, mi creda, sono tante) e i tentativi andati a vuoto (tanti anche quelli). Ma perché le scrivo tutto questo??Perché da un po’ di tempo mi risuona in mente un ritornello di una canzone di De Andrè: Com’è che non riesci più a volare? com’è che non riesci più a volare?
?e questo mi preoccupa molto. Lei che ne pensa?
Ho tralasciato il fatto che abbiamo un mutuo da pagare, un solo stipendio, i miei nonni con la minima in affitto, mia madre operata due volte, mio padre anche; ho mille cose in testa (volontariato, sport, viaggi), ma senza soldi vengo additato come un sognatore senza speranza di un futuro credibile. Ma la vedo bene la linea che separa la realtà dai sogni: è netta e ben marcata.
Marco


La realtà che tu proponi con la tua lettera, caro Marco, è una realtà insieme comune e incredibile. Incredibile perché viviamo in una repubblica “fondata sul lavoro” e perché credevamo tutti di aver costruito, dopo la caduta del fascismo, un sistema sociale in cui l’asservimento, l’umiliazione e lo sfruttamento della persona che lavora non erano più possibili. Comune perché la deriva innescata dalla Casa delle Libertà con le sue leggi sul lavoro e con i suoi discorsi sulla flessibilità sta travolgendo un numero sempre più grande di persone giovani che vivono il dramma che stai vivendo tu. Nel silenzio assordante dei giornali, delle televisioni e di troppa politica.


Ragioniamo un attimo insieme. Ho avuto modo di parlare, nel giorno stesso in cui ricevevo questa tua lettera, con una giovane laureata assunta per due volte con un contratto di sei mesi da una società che si occupa di leasing e che aveva saputo, quella stessa mattina, che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato. Che il suo lavoro finiva lì, che doveva prendere la sua roba e andarsene. Dei suoi colleghi, una metà, avrebbe continuato a lavorare, l’altra metà no. Senza spiegazioni, perché una comunicazione era stata data solo a quelli che restavano e perché il responsabile, cercato per telefono, se l’era cavata dicendo che la decisione era stata presa ai piani alti dell’azienda, che lui non ne conosceva i motivi. Mentre avevo parlato il giorno prima con un’altra laureata, assunta a progetto per 10 mesi, licenziata per due mesi d’estate (le ferie non pagate) e riassunta, dopo molte incertezze, a ottobre con un altro contratto a progetto. Di progetti che durano pochi giorni (come quello fatto a te) era morto del resto, alcuni mesi fa, un giovane immigrato regolare, avviato senza formazione di sorta, ad un lavoro pericoloso. Senza che il sindacato o i giudici potessero far nulla perché le leggi attuali (quelle cui vigliaccamente hanno dato il nome di Marco Biagi) consentono anche questo tipo di sopruso.


Maroni l’aveva detto, viene da dire, e l’ha ottenuto. L’articolo 18, quello che chiedeva la giusta causa per i licenziamenti, è stato aggirato, reso del tutto inutile da una legge che permette all’imprenditore di non assumere nessun tipo di impegno e di responsabilità nei confronti del lavoratore. Le lettere di licenziamento non possono più essere impugnate di fronte ad un giudice, infatti, nel momento in cui di tali lettere non c’è bisogno. Mentre quello che si realizza anche nei confronti dei lavoratori italiani è il sogno già realizzato dai leghisti e dai neofascisti con i lavoratori immigrati: un sistema “usa e getta” in cui chi presta il suo lavoro alle dipendenze di un terzo può essere licenziato appena non serve più e tenuto costantemente sotto il ricatto, se serve ancora, del licenziamento di domani. È su orrori di questo tipo oltre che sullo scoraggiamento dei lavoratori che non credono più negli uffici di collocamento che Berlusconi costruisce le sue statistiche sulla disoccupazione. Offrendole senza pudore al cinismo dei Vespa e dei Pionati di turno.
Vale la pena di riflettere sino in fondo su una lettera come questa e sulla denuncia che essa propone all’attenzione di tutti dall’interno di una città che ho visitato di recente ed in cui non c’è un metro di muro che sia rimasto libero dalla pubblicità elettorale di quelli che questa situazione hanno costruito: arricchendo sé stessi, i loro amici e le loro famiglie; dando un colpo mortale alla speranza di un’intera generazione di giovani. Vale la pena forse di riflettere, in particolare, sul modo in cui esso può risultare illuminante su punti chiave del dibattito economico e politico di questi anni.


In tema di prospettive, prima di tutto, perché la tua lettera è estremamente chiara nel documentare il dramma di chi, pur avendo studiato seriamente, pur dandosi seriamente da fare non vede nessuno sbocco davanti a sé. Di chi non può contare su uno stipendio regolare e non può, per questo motivo, chiedere un prestito in banca, immaginare la costruzione di una famiglia, programmare una vita autonoma da quella dei suoi genitori. Di chi, per tutti questi motivi, ha difficoltà, probabilmente, a permettersi una storia d’amore e i sogni che alla storia d’amore normalmente si collegano. Di chi, guardandosi allo specchio, non può dirsi chi è e che cosa fa. Di chi, riflettendo sulla sua esperienza di vita e su quello che l’aspetta prende, magari, delle decisioni sbagliate.


In tema di futuro lontano, in secondo luogo, perché quello che si verifica in questo modo, in tanto parlare di problemi dell’INPS, è che sempre minori e sempre più incerti sono, insieme agli stipendi, anche i contributi previdenziali. Il che avrà una ricaduta pesante in termini di futuro pensionistico di chi come te, corre con sempre meno fiducia da un lavoro all’altro. Il che avrà una ricaduta pesante, tuttavia, anche sui bilanci degli enti previdenziali. Dando un colpo mortale, negli anni a venire, a quello che dovrebbe essere considerato uno dei pilastri di uno stato sociale costruito, con la fatica e il sacrificio dei lavoratori, nella repubblica fondata sul lavoro di cui dicevamo all’inizio.


Stanno distruggendo il nostro paese, questa è la verità. quello che io vorrei dirti e farti arrivare, però, con tutto l’affetto e il rispetto che una storia come la tua suscita in chi crede ancora nella forza della democrazia è che siamo ancora in tempo per fermarli. Che le elezioni di oggi per le regionali e quelle di domani per le politiche possono essere un passaggio decisivo per ricostruire quello che ignoranza, corruzione e malgoverno berlusconiano non possono togliere a nessuno di noi: la speranza e la volontà di cambiare. Abolendo una legge sbagliata e restituendo tutta la sua dignità di economista e di politico ad un uomo come Marco Biagi. Affrontando sul serio i problemi di un paese che è debole, oggi, soprattutto perché è governato male e che ha bisogno, per volare di nuovo, della voglia di volare di tutti. Anche della tua.