Con Luca Bertoli con risposta mia
Luca Bertoli: ho letto con molto interesse il Suo commento di oggi all’articolo di Teodori che, personalmente, non ritengo degno di particolari considerazioni, dato l’atteggiamento di aggressività gratuita ed ingiustificata con cui si è posto nei confronti della questione. La mia riflessione, senza entrare nel merito, è puramente stilistica.
Ho l’impressione di vivere un "momento mediatico" in cui lo sfogo di Gino Strada e quelli che si sentono nel confessionale del Grande Fratello ci vengano "presentati" allo stesso modo: trovo che lo stile, i toni e la forma della comunicazione – che dovrebbero essere "conformi" al contenuto del messaggio – si sono appiattiti ed uniformati in una grottesca ed esasperata deformazione della realtà dove la "Vita in diretta" parla come il TG2, Vallettopoli scorre tranquilla insieme alla guerra in Iraq passando per l’Isola dei Famosi, gli sbarchi di immigrati, il 7 a 1 Roma-Manchester e il delitto di Cogne. Nessuna formale differenza.
Se un acquazzone estivo diventa "Allarme maltempo" e la scampagnata di Pasquetta diventa "Emergenza controesodo pasquale", se lo speaker del TG5 si collega allo stesso modo – e con lo stesso compassato tono – col corrispondente da Kabul e con quello dalla Casa del Grande Fratello, io penso in tutta modestia che si stia facendo un pò di confusione…
Meglio così, vorrà dire che l’articolo di Teodori suonerà alle orecchie dei più come le critiche di Platinette alle perfomances degli aspiranti ballerini di "Amici"!
Gennaro Carotenuto: Purtroppo caro Luca, l’analisi è condivisibile e brillante ma la conclusione mi trova meno concorde. In questo rumore di fondo, nel quale si può mostrare al TG1 la decapitazione di un uomo piuttosto che un filmato preso da Youtube, che mostra un adolescente che tira un portapenne all’insegnante come fosse una notizia e (viene fatto) destare allarme sociale per un paio di scritte sui muri contro il papa, tutto si appiattisce -certo anche gli strepiti di Teodori- ma anche e soprattutto le ragioni e perfino la possibilità di colpire l’opinione pubblica di massa con contenuti umani, umanitari.
Durante la guerra del Vietnam, il semplice fatto che questa fosse mostrata, anche da giornalisti che la sostenevano, faceva sì che le persone prendessero coscienza e si schierassero. Negli anni ’60 perfino il Corriere della Sera, che pure supportava ideologicamente quella guerra, non aveva difficoltà ad ammettere [Corradini] che sulle cifre date dagli statunitensi si dovesse "fare una grossa tara". Oggi quelle stesse fonti, altrettanto bugiarde, vengono accolte con fede religiosa.
Oggi da una parte si mostra di più, da una parte si mostra meno, una sorta di vedo-non vedo dell’informazione nella quale soprattutto si tergiversa e si mistifica e dove puoi vivere nell’illusorietà della non censura, del fatto che fanno dire la sua perfino ad un ‘estremista’ come Gino Strada.
L’operazione di Gianni Riotta di mostrare la decapitazione in Afghanistan (che è bene non smettere di condannare né relativizzare come invece fa lo stesso Strada) è geniale nel suo genere. Diamo l’illusione di dire tutto, facciamo parlare Strada ma la sostanza, lo scoop, quello che resta nella coscienza e nella memoria è che i Talebani sono dei pazzi sanguinari.
Il che è vero, su questo non ci sono dubbi ed è triste veder scambiare i talebani con i partigiani antimperialisti vietnamiti o algerini, ma non ci sfugga l’intenzionalità di Riotta di contribuire a decapitare l’idea fassiniana di una conferenza di pace. Con i tagliagole volete fare una conferenza di pace?
Ad una tale abiezione un buon ‘pacifista’ potrebbe rispondere: perché non mostrate anche i massacri dei civili? E’ con chi tira le bombe al fosforo e ammazza i bambini che dovremmo trattare? Ha ragione anche lui, salvo che non è a Gianni Riotta che può chiedere di mostrare quelle immagini.
Missione Compiuta, potremmo dire per citare il comandante in capo George Bush, ma la sostanza è che questo rumore di fondo, solo apparentemente irrazionale, non serve a zittire le voci di estremisti come Teodori, ma quelle della sensatezza.
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