Il Brasile sta scoprendo immensi giacimenti di petrolio. Sono così importanti che potrebbero portare il paese al quinto posto al mondo per riserve e da far slittare in secondo piano i biocombustibili che solo fino a un paio d’anni fa erano una priorità per la politica energetica nazionale. Nasce così il Brasile saudita, una nuova grande potenza petrolifera tanto che per il presidente Lula, che ne ha parlato ieri alla nazione, i risultati delle introspezioni petrolifere sono così importanti da rappresentare “un nuovo giorno dell’indipendenza nazionale” dove dovrà essere lo Stato a controllare queste risorse.
Da due anni il mare brasiliano non smette di rivelare sorprese. Al sud del paese, sotto uno spesso strato di sale che in qualche punto arriva a 2.000 metri e a 7.000 metri di profondità sotto l’Oceano, in una fascia di 800 km quadrati al largo degli stati di Espíritu Santo e Santa Catarina, si trovano giacimenti immensi. Così grandi da moltiplicare fino a sette volte le riserve brasiliane facendole passare da 14 a oltre 90 miliardi di barili trasformando il paese in una potenza petrolifera di prim’ordine, forse la quinta per riserve dopo Arabia Saudita, Iran, Iraq e Kuwait, e su livelli paragonabili a Emirati Arabi, Russia e Venezuela.
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