Per carità, punti di vista… magari per qualcuno in Honduras è davvero l’esercito che sta salvando la patria dal comunismo (dove ho già sentito questa storia?) ma è indispensabile studiare come il quotidiano madrileno “El País”, l’unica fonte sulla quale in genere si forma l’opinione di molti “opinion makers” italiani sull’America latina, spiega quanto sta accadendo in queste ore a Tegucigalpa.
Come analizziamo nel dettaglio “El País” esce rapidamente dalla legittimità della diversità dei punti di vista, per entrare nel territorio del falso e del tendenzioso che ci mette di fronte a una vera imperdibile lezione di disinformazione offerta dal quotidiano spagnolo:
1) In primo luogo sparisce del tutto il colpo di stato. Il termine, l’idea stessa di golpe viene cancellata, non se ne parla, e cosa importa a “El País” che questo sia stato condannato come tale dall’ONU? Basta non parlare dell’ONU. Al contrario (come se non fosse la stessa cosa) è l’esercito che si mobilita in solidarietà con il proprio capo di stato maggiore ingiustamente destituito. A “El País” hanno evidentemente dimenticato il 23 febbraio del 1981 e si sentono di poter giocare e ingannare i lettori su cose così serie.
2) Nello stesso articolo sparisce del tutto che l’oggetto del contendere è un referendum che vorrebbe portare alla convocazione di un’assemblea costituente. Al contrario, testuale, semplicemente: “Manuel Zelaya vuole modificare la Costituzione per restare al potere” e quindi l’esercito, rispondendo a una vecchia concezione propria anche del franchismo al quale “El País” si opponeva, sarebbe il tutore dello Stato (per conto delle classi dirigenti) ed è quindi legittimato ad intervenire.
3) Per l’ennesima volta quando un dirigente latinoamericano democraticamente eletto vuole convocare un’assemblea costituente “El País” si schiera contro con un solo argomento: lo fa perché è assetato di potere. Come se in America latina le costituzioni del ‘900 avessero garantito democrazia, sviluppo, diritti, giustizia sociale.
4) Non può mancare l’ultimo ritrovato alla moda, Twitter. “El País” invita a seguire la crisi honduregna attraverso il canale twitter del quotidiano “La Prensa”, guarda caso, schierato contro il Presidente legittimo. Ovviamente non si preoccupa di specificarlo.
5) Non è quindi il generale Romeo Vázquez (si rimanda al mio articolo con… un altro punto di vista), capo di Stato Maggiore ad aver deciso di non compiere gli ordini del presidente ma il presidente ad averlo inopinatamente destituito per perseguire il proprio disegno “illegale” al quale il generale si è negato in nome della democrazia. Il fatto poi che il generale Vázquez, capo delle forze armate, abbia l’appoggio delle stesse e che le schieri per le strade contro il presidente che lo ha destituito, a “El País” non sfiora neanche che possa essere eversivo. E’ solo la dimostrazione che Zelaya ha torto. Quante divisioni ha Zelaya? Lo dicevano anche Pinochet, Franco e Stalin che la forza può più della ragione.
6) Zelaya stesso è descritto in maniera irridente come “un populista di famiglia bene” che starebbe dalla parte dei poveri per fame di potere. Seguono ulteriori dimostrazioni di uso della fisiognomica per denigrare il personaggio. “Sembra un mariachi”, “somiglia [all’ex presidente messicano Vicente] Fox”. Denigrare un personaggio pubblico per le proprie caratteristiche fisiche non è solo cattivo giornalismo. E’ anche puerile.
7) Il climax viene toccato quando la fama di incorruttibile di Zelaya viene sporcata dal buttar lì un’accusa di corruzione (non meglio specificata) di… Otto Reich. “El País” evita di ricordare ai lettori chi sarebbe quest’ultimo. Lo facciamo noi: ex-sottosegretario per l’America Latina di Ronald Reagan e George Bush padre, mandante di terroristi, organizzatore di colpi di stato, difensore di torturatori e delle peggiori dittature e violazioni di diritti umani. A “El País” sanno bene chi sia Otto Reich ma l’importante è tirare uno schizzo di fango sulla figura di Zelaya.
8 ) Se la difesa di Zelaya e la denuncia del golpe da parte dell’ONU viene censurata da “El País”, che non ne fa parola, a chi viene affidato il compito della difesa d’ufficio del “corrotto populista con i soldi affamato di potere” Mel Zelaya? Ma niente meno che a Fidel Castro! Chi meglio del vecchio dittatore cubano che da trent’anni “El País” descrive come il demonio in persona, può aiutare [a denigrare] la causa di Zelaya?
Non sappiamo come finirà la storia in Honduras, ma quanto abbiamo analizzato dimostra ancora una volta che il quotidiano "El País", lo stesso che in questi giorni crede di rifarsi una legittimità democratica attaccando quotidianamente Silvio Berlusconi, sta preparando i propri lettori di centro-sinistra a digerire un colpo di stato presentandolo come una soluzione legittima.
Non è la prima volta. Ha appoggiato il fallito colpo di stato in Venezuela dell’11 aprile 2002 restando spiazzato quando molto dopo perfino l’attuale ministro degli esteri di un governo che "El País" appoggia, Miguel Ángel Moratinos, denunciò il ruolo del governo di José María Aznar in quel crimine. Più avanti ha preso senza mediazioni la difesa di Felipe Calderón in Messico negando in tutti i modi che nelle elezioni del 2006 potessero esserci stati brogli e disinformando o negando informazione su milioni di messicani che (come in Iran in questi giorni) protestavano (a torto o a ragione) contro quei brogli. Infine, per restare ai casi più clamorosi, ha appoggiato a spada tratta l’eversione secessionista in Bolivia. Adesso torna a negare l’esistenza di un golpe e ad occultare ai propri lettori informazioni fondamentali come chi e perché appoggia Zelaya, a glissare su principi democratici fondamentali come quello che i militari possono solo obbedire ai governi civili, e a dimenticare completamente la più elementare deontologia giornalistica.
Se questa è informazione…