Tutti i commentatori si soffermano soprattutto sul trionfo della Lega Nord, ma la prima cosa che appare evidente è che media e politici mistifichino su alcuni fatti ineludibili: il bipolarismo esce massacrato e la lista cinque stelle di Beppe Grillo diventa un soggetto con il quale il centro-sinistra dovrà fare i conti.
La sinistra radicale riesce ad esprimere in Vendola un leader nazionale proprio quando diventa residuale elettoralmente continuando per la terza volta consecutiva a stare ben sotto il quorum per le politiche.
Lo conferma anche il dato marchigiano dove l’ottimo Massimo Rossi sembra prendere almeno il 20% in più della vecchia (mezza) coalizione arcobaleno che lo appoggiava. Massimo D’Alema con Vendola ha sbagliato per la cinquecentesima volta (e per la cinquecentounesima non farà autocritica) e non è sostenibile una Conventio ad excludendum contro Vendola (o contro di Pietro) ma è onesto dire che ben difficilmente un Vendola (quasi) senza partito potrà essere il salvatore della patria nel 2013.
Al centro l’UDC non può festeggiare e, anzi, il suo cerchiobottismo segna il passo. Tuttavia Bersani, Letta e lo stato maggiore del PD possono continuare a sfogliare la margherita e domandarsi quante divisioni ha Nichi e se dialogare o demonizzare quella sommatoria di forze (antisistema? antipolitica?) che va da IDV a Grillo al popolo Viola e se quel 4-5% di sommatoria tra comunisti e vendoliani sia o meno prescindibile.
Non è prescindibile, lo capirebbe oramai anche Veltroni, in un’Italia dove la somma tra i due maggiori partiti, PD e PDL, passa a stento il 50%. Al 13% nazionale della Lega (che più voti prende più si fa eversiva) risponde infatti un’area equivalente che possiamo collocare a sinistra ma molto riottosa a farsi collocare nel sistema partitico tradizionale. Vota Di Pietro, che continua ad essere trattato come un paria da alleati e avversari (indimenticabili i pizzini di La Torre), da oggi sappiamo che vota Grillo, in parte si astiene, ma appare irrecuperabile a quell’area a sinistra del PD che solo all’inizio del decennio scorso sembrava poter arrivare al 15% e che ha interamente dilapidato tale capitale.
La forza di quest’area non è però solo il segno dell’incapacità della sinistra partitica di rappresentarla ma è anche la cifra dell’inanità del PD che sembra continuare a pensare che le elezioni si vincano inciuciando con l’UDC e mandando avanti zerovirgolaRutelli come pontiere. La sostanza è che se a sinistra Vendola rischia di rappresentare un miraggio, ancor meno quadra nella costruzione della moderatissima coalizione da Bersani a Casini passando per Rutelli che nel 2013 dovrebbe sconfiggere le destre.
Pennellate di questa situazione vengono da varie regioni. Una persona seria e onesta come Vittorio Agnoletto prende in Lombardia meno voti della lista Grillo e viene percepito dagli elettori di questa come un membro in più della casta. Mercedes Bresso (certo non la peggiore candidata del centro sinistra) perde in Piemonte perché il grillino Davide Bono prende il quadruplo della differenza tra la stessa Bresso e il leghista Cota. In Emilia Romagna il grillino Giovanni Favia prende il doppio dei voti dell’UDC e il triplo dei comunisti, supera il 7% e pareggia con IDV. Vogliamo fare finta di niente e raccontare che il PD e il centrosinistra non siano andati così male?